20 luglio, strange days. Sento che le privazioni mi rafforzano, desidero che lo facciano. Il peso scende bene, ma naturalmente rimane su valori astrali. Qui inizia un cammino che dovrà proseguire a Roma, e sarà difficilissimo anche per tutti i miei progetti in ambiente food che mi metteranno continuamente in tentazione e alla prova.
Oggi irrequieto, dopo pranzo sono uscito e ho girato come una trottola. Sono andato alla famosa Lighthouse Beach, in questa stagione messa malissimo. Sono andato in cerca di un castello di cui non ricordavo il nome, che oltretutto è stato cambiato, e complice la reception di un bell’albergo, non solo l’ho trovato ma ho anche potuto visitarlo. Gli esterni sono stati mantenuti nella forma originaria, gli interni diversamente sono stati trasformati in alcune suite d’albergo, tra le più lussuose che io abbia mai abitato o anche solo visionato. Lampadari veneziani a profusione, posateria Broggi, porcellane inglesi, onice e marmi pazzeschi… lusso all’ennesima potenza. Mai potevo immaginare. Poi ho fatto alcune commissioni, e sono andato al porto e al mercato del pesce, unico occidentale presente tra la folla vociante, poi ho visitato il tempio di Shiva sulla scogliera qui di fronte, e me ne sono tornato alla base a lavorare un po’.
L’India non è asettica né fredda, è tattile e ti inzacchera sempre un po’. I contrasti qui sono termali, in dieci minuti passi dalla sauna al bagno nella neve, dai lampadari di Murano al mercato del pesce di Vizhinjam. Tutto questo mi fa sentire vivo, versatile, vero. E io ne ho bisogno. Fa parte di me, da tanto tempo. Lo posso mettere a tacere per un po’, poi viene fuori.
Al telefono ho avuto la sensazione che Elena sia già cresciuta, ma la prima settimana è quasi andata, tra pochi giorni riabbraccerò la mia famiglia.
Stasera dimostrazione di cucina del Kerala, naturalmente ci mancava poco che scavalcassi i fornelli e mi mettessi a cucinare con loro. Mi sono fatto dare le ricette. Santo cielo, che mentalità.
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