Non è pensabile, al giorno d’oggi, scindere la cucina da alcuni grandi temi, come l’alimentazione, la nutrizione, la gestione delle risorse, e la salute nel senso più ampio. I temi della sovra-alimentazione e della sotto-alimentazione non possono più essere scissi – men che meno con la scusa della passione per la cucina – da quello dell’alimentazione, che li contiene. Abbiamo il problema di alimentare sette miliardi e passa d’individui, con un numero simile di soggetti obesi e sottoalimentati (un miliardo di persone circa per ciascun sottoinsieme), e una colossale questione nell’ottimizzazione dello sfruttamento delle risorse e nella relativa sostenibilità. Né possiamo più tenere sullo sfondo il tema nutrizionale: si mangia per nutrirsi, in primo luogo, e bisognerebbe farlo bene. È assodato, anche qui con il supporto di autorevoli sostenitori, che l’alimentazione è la prima frontiera della salute umana: chi si alimenta bene e nelle giuste quantità è mediamente molto più sano di chi si alimenta male e mangia troppo o troppo poco, e vive meglio e più a lungo.
Come vedremo, nella storia della cucina ci si è sempre affannati alla ricerca di topos quali la “digeribilità” con passaggi che definire bislacchi è il minimo. Oggi la scienza consentirebbe di concepire un’alimentazione veramente sana e gustosa, al prezzo di sacrificare alcune abitudini, modificandole un po’ o facendole diventare rare eccezioni. Questo concetto, tuttavia, fa fatica a trovare ingresso, soprattutto presso la grande distribuzione e la ristorazione su larga scala. Pensiamo qui al primo operatore mondiale nel settore della ristorazione, Mc Donald’s: con oltre 36000 ristoranti, con una capacità di acquisto mostruosa, con una pari forza di imprimere una direzione alla produzione, con un potenziale di comunicazione senza precedenti, avrebbero la forza per cambiare le cose in meglio, per realizzare il grande sogno di rendere il mondo un posto migliore, ma la logica del massimo profitto li guida nella direzione opposta.
Mc è peraltro in buona compagnia: le grandi multinazionali del cibo si pongo, in linea generale, sullo stesso piano. Numerose analisi sono state effettuate relativamente ai temi del lavoro, della trasparenza, del rispetto dell’ambiente, della gestione dell’acqua, ecc., da parte di questi soggetti, con risultati mediamente sconfortanti, ma aldilà di queste pur importantissime tematiche, quel che qui preme evidenziare è che la maggior parte dei prodotti di queste aziende sono ipercalorici e insalubri. Quasi tutti sanno, ad esempio, che una lattina di Coca Cola da 250 ml (ma la lattina più diffusa è quella da 330 ml, e i bicchieroni di Coca smerciati dai fast food sono molto più capienti) contiene ben 27 grammi di zucchero, pari a circa 9 cucchiaini. Le campagne di Mc Donald’s sono mirate principalmente ai bambini, e Mc è il primo distributore di giocattoli nel mondo. I nostri bambini sono il target delle più colossali e favolose campagne pubblicitarie del mondo, ma da un punto di vista nutrizionale faremmo molto bene a tenerli lontani dai fast food, dalle bibite gasate e dai cibi prodotti dalle multinazionali in generale.
Dunque oggi sappiamo che alimentazione, nutrizione, cucina e rispetto per l’ambiente sono inscindibilmente connessi, ma c’è chi rema contro, e si tratta di competitori molto vigorosi. Qualcuno avrà capito che sto proponendo che dagli amanti della cucina e della vita si origini una piccola rivoluzione culturale che potrebbe crescere e diventare forte a propria volta. La passione per la cucina, così indirizzata, potrebbe diventare uno strumento di evoluzione e addirittura rivoluzione culturale. Da un pezzo sostengo, e mi pare di essere in buona compagnia, che il segreto per mangiare meglio e spendere meno sia imparare a fare la spesa e a cucinare, o almeno migliorare le nostre conoscenze e competenze gastronomiche e culinarie.
Qui, in questo sito, su questo blog, proveremo a vedere come. In bocca al lupo a noi.
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